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Nel cuore dell'Africa orientale, al confine tra Tanzania e Kenya, si erge maestoso il Kilimangiaro, la montagna più alta del continente africano. Con i suoi 5895 metri di altezza, il Kilimangiaro rappresenta una sfida epica per gli alpinisti di tutto il mondo ed anche un simbolo della straordinaria diversità naturale del continente africano. La sua cima innevata, un paradosso geografico vista la sua vicinanza all'Equatore, ha affascinato e confuso esploratori e scienziati per secoli.
L'esistenza del Kilimangiaro è stata rivelata al mondo occidentale nel 1848 grazie al missionario tedesco Johannes Rebmann. Di ritorno da un viaggio nell'interno del Tanganica, Rebmann raccontò di aver visto una montagna immensa, la cui sommità era coperta di neve. La notizia scatenò incredulità e scetticismo in Europa: come poteva esserci neve in Africa, per giunta vicino all'Equatore? Per anni, molti geografi rifiutarono l'idea, attribuendo la descrizione di Rebmann a un errore di osservazione, immaginando che ciò che aveva visto fosse sabbia bianca o calcari luminosi.
Solo nel 1889, un altro tedesco, Hans Meyer, riuscì a confermare la straordinaria scoperta di Rebmann. Meyer fu il primo a scalare il Kilimangiaro e a raggiungere la sua vetta, trovandosi circondato da enormi ghiacciai e confermando così la presenza di neve perenne. Da quel momento, il Kilimangiaro divenne un argomento di grande interesse scientifico e un'icona della bellezza selvaggia dell'Africa.
Il Kilimangiaro si trova nel nord-est della Tanzania, a soli 300 chilometri a sud dell'Equatore e a circa 295 chilometri dalla costa dell'Oceano Indiano. Questa posizione lo colloca in una regione di grande importanza ecologica e climatica, con il massiccio che si eleva solitario in mezzo a un vasto altopiano. La sua mole è visibile a centinaia di chilometri di distanza, dominando il paesaggio circostante.
A differenza di altre grandi montagne del mondo, che spesso si trovano in catene montuose, il Kilimangiaro si innalza isolato. Questo aspetto contribuisce a renderlo un punto di riferimento inconfondibile e un simbolo di maestosità naturale.
Il Kilimangiaro è, in realtà, un gigantesco vulcano, composto da tre coni principali: Kibo, Mawenzi e Shira. Il Kibo, il cono centrale e più elevato, raggiunge l'altezza di 5895 metri, con la sua vetta chiamata Uhuru Peak (precedentemente nota come Kaiser Wilhelm Spitze, in onore dell'imperatore tedesco Guglielmo II). Il Mawenzi, la seconda vetta del Kilimangiaro, si erge a 5149 metri, ed è caratterizzato da cime rocciose e irregolari, residuo di un antico cratere ormai distrutto. Shira, invece, è il cono più antico e meno elevato, ormai quasi completamente eroso.
Il Kilimangiaro è considerato un vulcano dormiente, con l'ultima eruzione significativa che risale a circa 360.000 anni fa. Tuttavia, sono stati registrati episodi di attività vulcanica minore anche in epoche più recenti, suggerendo che il vulcano non è completamente spento.
Il Kilimangiaro è un esempio straordinario di biodiversità, che riflette la sua incredibile variazione altitudinale e climatica. Le sue pendici ospitano una vasta gamma di ecosistemi, che variano dalle savane tropicali alla base fino ai ghiacciai della cima.
Alla base del Kilimangiaro, fino a circa 1000 metri di altitudine, si trova la foresta pluviale equatoriale. Questa zona è caratterizzata da un clima caldo e umido, con abbondanti precipitazioni che alimentano una vegetazione lussureggiante. La foresta è dominata da alberi alti, come il fico strangolatore e il mogano africano, e ospita una ricca fauna, tra cui elefanti, bufali, e varie specie di scimmie, come il colobo bianco e nero.
Salendo tra i 1000 e i 3000 metri, la foresta pluviale lascia il posto alle praterie montane e ai boschi di eriche. Questa zona, meno umida rispetto alla foresta pluviale, è caratterizzata da un paesaggio di prati alpini interrotti da boschetti di eriche giganti e ginepri. Qui, la fauna include animali come il leopardo e il facocero, oltre a numerose specie di uccelli endemici.
Oltre i 3000 metri, il paesaggio cambia drasticamente, diventando più arido e desolato. Questa è la zona alpina, dove le temperature scendono significativamente e la vegetazione si riduce a cespugli di eriche e licheni. Le condizioni estreme rendono questa zona inospitale per la maggior parte degli animali, ma è ancora possibile trovare specie adattate a queste altitudini, come il tasso di miele e il topo di montagna.
Infine, a partire dai 4700 metri, si entra nella zona glaciale, dove la vegetazione è praticamente assente e il paesaggio è dominato da ghiacciai e neve perenne. Le temperature possono scendere fino a -15°C durante la notte, e le condizioni estreme limitano la presenza di vita a pochi organismi resistenti, come i licheni.