√ America storia generale ed economia

L'America nel suo insieme è forse il continente meglio dotato, per quantità, varietà e qualità, delle risorse più importanti per la vita e per lo sviluppo economico. Ciò sia per lo sviluppo del continente nei due emisferi, che lo rende partecipe di tutte le fasce climatiche del globo, sia per le formazioni geologiche, che vedono la larga presenza di rocce antiche, ricche di minerali, sia infine per la recente storia dello sfruttamento economico di un continente prima abitato da popoli non in grado di incidere profondamente sulle risorse. Se poi si considera la proporzione fra risorse e popolazione, lo stato privilegiato dell'America emerge con grande evidenza. Basti pensare che, con una popolazione pari al 14% di quella dell'intero pianeta, l'America partecipa alla produzione mondiale con il 25% del frumento, il 55% del mais, il 33% dello zucchero, il 48% del caffè, il 34% dei bovini, il 30% del petroIio, il32% del ferro, il 20% del carbon fossile, il 22% dell'oro e circa la metà dell'argento e del rame.
La distribuzione di tali abbondanti risorse non rivela gravi ineguaglianze fra la parte settentrionale e meridionale del continente: anzi, per alcune risorse, e non solo alimentari (caffè, zucchero), ma anche minerarie (come rame, ferro, oro, petrolio, gas naturale, legname, acqua), l'America meridionale appare privilegiata. Dove invece la situazione si squilibra a tutto vantaggio dell'America settentrionale, e anzi di quella anglosassone, è nei valori più significativi di un'economia moderna, cioè nella trasformazione industriale di quelle risorse, nella loro commercializzazione a scala mondiale, nella produzione di ogni tipo di macchinari e di prodotti finiti in genere, nell'avanzamento tecnologico, nella produzione di modelli di investimento e di consumo, nella raccolta di risorse finanziarie capaci di produrre investimenti e di condizionare mercati che si estendono a tutta la Terra.
Il passaggio degli Stati Uniti da colonia a superpotenza mondiale, avvenuto nel corso della seconda metà del XIX secolo e della prima del XX, ha avuto significative riprecussioni sullo scenario globale, ridefinendo anche i rapporti economici con i paesi latinoamericani e aprendo una serie di questioni socio-economiche tuttora irrisolte (dalla dipendenza delle colture di piantagione dagli investimenti stranieri, alle pressioni del sistema finanziario, fino al recente sistema di subappalti denominato maquilas). Questa contraddittorietà è emersa con forza anche nell'ultimo decennio in relazione all'acceso dibattito sulla creazione di un'unica area di libero scambio continentale, il progetto ALCA (secondo il modello NAFTA inagurato nel 1994 tra Canada, USA e Messico), sostenuto da Washington, ma momentaneamente bloccato da una serie di paesi latinoamericani (capeggiati da Brasile, Argentina e Venezuela) preoccupati dal possibile aumento degli squilibri commerciali e dal diverso status di tutela dei lavoratori. La forte polarizzazione della ricchezza resta infatti uno dei grandi problemi economici dell'America latina e richiede politiche di intervento sociale strutturale.
Non è un caso se tali squilibri corrispondono alla divisione storica (linguistica, etnica, culturale, sociale) fra l'America anglosassone (e soprattutto gli Stati Uniti), decisamente all'avanguardia fra le potenze economiche del mondo, e l'America latina, drammaticamente alle prese con i problemi del sottosviluppo, dell'indebitamento con l'estero e di modi di produzione tarati dall'arretratezza tecnologica, dalla mancanza di adeguati investimenti e di adeguate politiche di gestione dei fattori economici. La ragione di tale divario è innanzitutto di ordine storico e può essere individuata nel diverso impatto che ha avuto sulle due Americhe il processo della cosiddetta «rivoluzione industriale», decollata alla fine del XVIII secolo in Gran Bretagna e causa prima della ribellione e della precoce indipendenza delle 13 colonie che diedero origine agli attuali Stati Uniti. Il modello federativo degli Stati Uniti non mancò di far presa anche sui Paesi latino-americani, che a loro volta si ribellavano al colonialismo spagnolo. Ma i modelli di partenza erano troppo diversi. La fortissima immigrazione europea negli Stati Uniti consolidò, nonostante la varietà degli apporti etnici, la visione del mondo, anche economica, tipica degli Anglosassoni, basata essenzialmente sulla religione della libera intrapresa, del rischio, del successo. La conquista dei grandi spazi nordamericani erose anche parte delle antiche colonie francesi e spagnole e approfondì le distanze fra i due mondi americani.
D'altronde vi sono anche ragioni strutturali: la morfologia stessa del continente sudamericano e le sue caratteristiche climatiche pongono a volte un limite, per motivi ambientali, alla nascita di quelle infrastnitture indispensabili per un armonico sviluppo economico.
Tuttavia i Paesi dell'America latina, anche se spesso fortemente ostili agli USA di cui mal tollerano una sorta di neocolonialismo economico, sono sempre più stimolati da un modello che, ben oltre i limiti del Continente Nuovo, si è ormai imposto, coi suoi lati positivi e negativi, a tutto il mondo, con sempre maggior intensità e velocità dopo, la disfatta dei sistemi politico-economici dirigistici di stampo comunista, che anche nell'America latina avevano trovato fertile terreno. La carta geopolitica del mondo che si è disegnata dopo la fine della «guerra fredda» vede una sempre più drammatica contrapposizione fra un Nord ricco e avanzato, ma demograficamente meno vitale, e un Sud dove la povertà, la dipendenza economica, l'instabilità politica sono esaltati da una crescente pressione demografica, dando vita a squilibri e a migrazioni bibliche verso i Paesi più fortunati.
L'America partecipa drammaticamente di questi due ambiti, con una spaccatura resa tanto più palese dalla pressione fortissima di masse provenienti dal centro e sud del continente alle frontiere degli Stati Uniti, chiuse e militarizzate.