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Storia della Repubblica democratica del Congo




La tumultuosa storia del Congo: Dalle esplorazioni alla difficile indipendenza

Le esplorazioni e l'occupazione:

Il bacino del Congo venne esplorato compiutamente dall’inglese Stanley, che, visti inutili i tentativi di risalire il fiume dalla foce a causa delle forti rapide nella regione costiera, lo discese dalla parte orientale, in un memorabile viaggio di attraversamento dell’Africa equatoriale. L’impresa di Stanley impressionò soprattutto il re del Belgio, Leopoldo II, che nel 1879 incaricò l’esploratore di occupare tutto il bacino del fiume per conto di una società da lui fondata e presieduta, l’Association Internationale du Congo. Nel 1884 l’occupazione della regione era ormai quasi completa e alla Conferenza di Berlino, nel 1885, Leopoldo riuscì a farsi riconoscere re dello Stato indipendente del Congo. Per organizzare questo suo personale possedimento, il sovrano spese quasi tutta la sua fortuna e, alla fine, dovette perfino ricorrere a un prestito dallo Stato belga.

Sfruttamento e resistenza:

Dopo la costruzione della ferrovia che collegava lo Stanley Pool col porto di Matadi, sull’estuario del Congo, l’economia ebbe uno sviluppo fortissimo, grazie alle condizioni disumane che i concessionari europei potevano imporre ai lavoratori locali, gli stessi lavori per costruire la linea ferroviaria, durati dal 1890 al 1898, costarono migliaia di morti. Ma una violenta campagna di stampa contro questi sistemi fece insorgere l’opinione pubblica belga, e il re dovette cedere allo Stato il possedimento, che il 20 agosto 1908 divenne la colonia del Congo Belga. Durante il periodo coloniale lo Stato belga non adottò però sistemi migliori, continuando a praticare per 52 anni un’economia di rapina, cioè di raccolta e di esportazione dei prodotti, senza investire nella colonia se non il minimo necessario. L’amministrazione coloniale belga si basava su una struttura molto semplice: tutte le attività amministrative erano svolte da funzionari belgi, senza lasciare agli indigeni alcuna possibilità decisionale; le missioni cattoliche, fortemente appoggiate dallo Stato, tenevano sotto controllo gli indigeni, fornendo loro un’istruzione di livello essenziale e impedendo ogni forma di istruzione superiore. Il cambiamento dei tempi doveva però farsi sentire anche all’interno del Congo Belga.

L'indipendenza e la guerra civile:

La fondazione della Comunità Francese, avvenuta a Brazzaville, a pochi chilometri dalla capitale del Congo, Léopoldville (oggi Kinshasa), accese gli entusiasmi e diede vigore ai primi partiti politici sorti tra mille difficoltà nella colonia: fra questi il più importante era il Movimento Nazionale Congolese (MNC), fondato e guidato da Patrice Lumumba. Il 1959 fu punteggiato da incidenti sempre più gravi, e il Parlamento belga finalmente si rese conto che la situazione non era più controllabile. Nel gennaio del 1960 fu frettolosamente convocata a Bruxelles una conferenza dei principali leader congolesi, e il 30 giugno 1960 re Baldovino proclamò a Léopoldville l’indipendenza della colonia. Alla guida della nuova Repubblica vennero posti Kasavubu come capo dello Stato e Lumumba come capo del governo. I due uomini entrarono però subito in conflitto in quanto Lumumba sosteneva la necessità di costituire uno Stato unitario, mentre Kasavubu appoggiava la forma federale appoggiata dall’esponente del Katanga, Moise Ciombe: la questione nascondeva interessi enormi, perché dietro il federalismo di Ciombe stavano gli interessi dell’Union Minière, che voleva continuare a sfruttare le miniere del Katanga, mentre Lumumba si rendeva conto che solo con uno Stato unitario si poteva eliminare l’ingerenza straniera. L’11 luglio 1960 Ciombe proclamò la secessione del Katanga, seguito pochi giorni dopo dal Kasai Meridionale (la regione delle miniere di diamanti): i due Stati secessionisti ricevettero subito aiuti militari dal Belgio, e il paese si spaccò in una sanguinosa guerra civile, istigata e sostenuta da interessi coloniali ancora fortissimi. La presenza dei «caschi blu», inviati dall’ONU in sostituzione dei paracadutisti belgi, non riuscì a frenare le atrocità e le violenze nel paese. Kasavubu cercò di arrestare Lumumba, e ci riuscì nel novembre del 1960: una volta catturato, il leader dell’anticolonialismo venne inviato in regalo a Ciombe, che lo fece uccidere appena sbarcato dall’aereo che lo aveva tradotto a Elisabethville. Da quel momento il Congo fu diviso in tre parti: la sezione costiera orientale, con centro a Léopoldville, guidata da Kasavubu appoggiato dai «caschi blu», la regione orientale con centro a Stanleyville, guidata da un seguace di Lumumba, Gizenga, appoggiato dall’Unione Sovietica e dai paesi comunisti, e infine la regione meridionale, con centro a Elisabethville, sotto la guida di Ciombe, sostenuto dalle multinazionali che controllavano le miniere. Solo nel gennaio del 1963 i «caschi blu» riuscirono a mettere fine alla secessione del Katanga e a riunificare in qualche modo il paese, che si trovava nel caos più assoluto. Nel 1964 il potere centrale venne sorprendentemente assunto da Ciombe, che dovette affrontare i guerriglieri «simba», guidati da un lumumbista, Soumialot; per vincere i simba macchiatisi di atrocità di ogni genere, Ciombe chiese aiuto al Belgio, che tornò a inviare i suoi paracadutisti.

Dittatura e instabilità:

Dopo una pacificazione più o meno reale, ottenuta con la forza, Ciombe dovette restituire il potere a Kasavubu, che a sua volta venne destituito nel novembre del 1965 da Mobutu. L’amministrazione di Mobutu coincise con un periodo di espansione economica, perché il prezzo del rame sul mercato internazionale era in continua ascesa, e questa situazione favorevole permise al nuovo presidente di sospendere la Costituzione, sciogliere i partiti e i sindacati e assumere poteri dittatoriali. Nel pieno della sua forza politica, riconosciuto come leader prestigioso anche dagli altri paesi africani, Mobutu diede inizio nel 1972 a un nuovo corso, definito con lo slogan «ritorno all’autenticità»: cambiò la bandiera, l’inno nazionale,, il nome dello Stato (da Congo-Kinshasa a Zaire), il suo stesso nome (da Joseph Desiré Mobutu a Mobutu Sese Seko), l’abbigliamento della popolazione, imponendo un adattamento moderno del costume indigeno; e a se stesso concesse tutta una lunga serie di fantasiosi titoli onorifici. Pochi anni prima aveva creato una nuova moneta allo scopo di mascherare la grave svalutazione di quella corrente e aveva iniziato la nazionalizzazione delle imprese straniere che, fino a quando si era dichiarato sostenitore del liberalismo economico, avevano avuto ampia libertà di operare e di esportare. Con la «zairizzazione dell’economia» come venne chiamata l’operazione, lo Stato cercava di controllare tutto il sistema produttivo, ma riuscì soltanto ad aumentare la scandalosa corruzione dei quadri dirigenti. Nel 1974 il presidente volle dare un altro giro di vite con la politica della radicalizzazione, accentuando la presenza dello Stato in ogni settore vitale, ma proprio in quell’anno il prezzo del rame e degli altri metalli cominciò a declinare, in conseguenza della recessione che colpiva i paesi industriali, e Mobutu dovette rivedere le sue posizioni: ebbe così inizio una nuova politica, quella della retrocessione, con cui si richiamavano le compagnie straniere e si davano ampie garanzie al capitale privato. L’economia però non si è raggiustata e il regime di Mobutu si sosteneva fra mille difficoltà, nonostante sia riuscito a superare le crisi provocate dall’invasione del marzo 1977 (quando gli ex mercenari katanghesi occuparono la regione di confine del Rasai e dello Shaba, provenendo dall’Angola), e da quella del maggio 1978 (quando lo stesso avvenimento si ripetè dalla parte del confine con lo Zambia). Ancora all’inizio degli anni ’80 i ribelli katanghesi hanno tentato di assumere il controllo dello Shaba con lo scopo di renderlo indipendente. Mobutu, che è stato più volte rieletto presidente della Repubblica (1970, 1977, 1984), è riuscito fino ad all'ora a controllare la situazione.

Verso la democrazia:

All'inizio degli anni '90, pressioni popolari spinsero Mobutu verso un regime più democratico. La sua caduta definitiva avvenne nel 1997, aprendo la strada a un periodo di transizione democratica.


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