« PONIAMO all'asta il titolo di Imperatore Romano;
chi offre di più? ». Questo era, in sostanza,
il discorso che, il 18 marzo 193 dopo Cristo, i capi delle
guardie imperiali rivolsero ai cittadini più ricchi
di Roma. Quella mattina le stesse guardie avevano ucciso
l'imperatore in carica, un certo Pertinace.
Egli era un brav'uomo che, appunto perché tale, aveva
avuto il grave torto di voler ridurre le spese di corte,
compresi gli stipendi delle guardie. Perciò queste
lo avevano tolto di mezzo.
Mentre i senatori assistevano sgomenti a queste manovre,
i messi delle guardie facevano la spola da un milionario
all'altro, per sentire le offerte : ecco, un certo Didio
Giuliano offre circa 4000 dracme ad ogni soldato della guardia
in cambio della sua elezione. Un concorrente risponde offrendone
5000. Didio non si arrende e lancia un'altra offerta : 6250
dracme, per soldato. E con questo, ogni concorrente è spazzato
via. Il titolo è suo.
Così veniva « scelto » a Roma, verso il
III secolo dopo Cristo, il cittadino... « degno » di
divenire imperatore.
Ma Didio Giuliano non durò molto in carica. Dalle
lontane province dell'impero si fecero avanti altri rivali.
In molti accorsero a Roma; fra tutti ebbe però la
meglio Settimio Severo, che ebbe l'accortezza di venire a
esporre le proprie ragioni facendosi accompagnare dalle sue
legioni. In questo modo riuscì a « persuadere » tutti;
meno naturalmente i pretoriani (o guardie imperiali) che
si lasciarono convincere solo dal modesto « obolo » di
12 000 dracme a testa. Nonostante questo inizio Settimio
era il primo imperatore « serio » che salisse
al potere dopo la morte di Marco Aurelio, uno fra gli imperatori
più saggi, al quale era succeduto uno fra i più sciagurati,
suo figlio Commodo. Settimio Severo governò saggiamente,
conciliandosi il favore del popolo, e combattendo felicemente
i Caledoni e i Parti.
IL PERIODO DELLA DECADENZA
II terzo secolo dopo Cristo, esclusi gli ultimi venti anni,
comprende un periodo della storia romana detto «della
decadenza ». Le cause più importanti di ciò furono:
-La maggiore potenza dei generali rispetto ai senatori. Nel
periodo repubblicano l'esercito era totalmente agli ordini
del senato; ma quando a capo dello Stato furono eletti gli
imperatori, il senato perse quasi tutta la sua autorità.
Così, nell'intervallo fra la morte di un imperatore
e l'elezione di un altro, l'esercito restava l'unico padrone
della situazione. I legionari ed i pretoriani cominciarono
ad imporre l'imperatore che offriva loro il premio più alto.
E, poiché erano stati loro ad eleggerlo, i soldati
si sentivano anche in diritto di abbatterlo, quando non era
più di loro gradimento.
-Continui tentativi di invasione dei barbari. Gli eserciti
romani non riuscivano quasi più a trattenere i barbari
oltre i confini dell'impero. Gli Alamanni, i Franchi, i Goti
in Europa, i Parti in Asia, riuscivano sempre più di
frequente a compiere scorribande nei territori romani. Nel
271 gli Alamanni giunsero fino nell'Umbria!
Se a ciò aggiungiamo l'indisciplina che si diffondeva
sempre più nell'esercito e le grandi spese rese necessarie
dalle continue guerre, vediamo che la situazione dello Stato
romano non era proprio delle più liete. Tuttavia non
appena saliva al potere un uomo onesto e di antico stampo
le cose si rimettevano al meglio: così grande era
il potere dell'imperatore e così vasti e ben congegnati
erano gli organi amministrativi di cui poteva disporre. Anche
nei suoi periodi di crisi l'Impero Romano si rivelava pur
sempre un'organizzazione meravigliosa!
Ecco ora qualche notizia su questi pochi imperatori degni;
preferiamo trascurare tutti gli altri inetti o malvagi che
si susseguirono numerosissimi in questo periodo.
SETTIMIO SEVERO
Cercò di riordinare l'amministrazione dello Stato
e di migliorare le leggi. Ma era un soldato e diede quindi
tutte le sue preferenze all'esercito accrescendolo e aumentando
così anche le spese. Dei suoi diciotto anni di regno,
dodici li trascorse in guerra. Morì a York, in Inghilterra,
dopo una dura guerra contro gli Scoti (Scozzesi). Benché sia
morto lontano da Roma (o forse proprio per questo) fu l'ultimo
imperatore che ebbe la fortuna di morire di malattia; gli
altri dopo di lui infatti, per ottant'anni, morirono di morte
violenta. Settimio Severo lasciò l'impero a suo figlio
Caracolla, che fu un tiranno feroce. Tuttavia egli va ricordato
per aver concesso la cittadinanza romana a tutti gli uomini
liberi dell'impero.
AURELIANO
Questo imperatore viene ricordato soprattutto per aver fatto
costruire una larga cerchia di mura attorno a Roma. Lunghi
tratti di queste mura esistono ancora.
Questa fu certamente un'opera saggia, ma, se riflettiamo, è ii
segno più chiaro del grave stato di decadenza in cui
si trovava l'impero.
Da secoli, infatti, nessuno pensava più a dare delle
mura a Roma: era l'esercito che provvedeva a tenere i nemici
a migliaia di chilometri di distanza. Ma ora i nemici si
facevano sempre più vicini e le mura tornavano a essere
una necessità.
DIOCLEZIANO
Di famiglia modesta e salito alla massima carica per le sue
virtù militari, Diocleziano fu il più grande
degli imperatori di questo periodo.
Egli capì subito quali erano le cause della debolezza
dell'impero ed escogitò i rimedi appropriati. Il suo
tentativo di « risanamento » dell'impero fu così imponente
e condotto in modo così originale che merita di essere
descritto con una certa ricchezza di particolari.
Tuttavia Diocleziano, ad un certo punto della sua carriera,
decise di ritirarsi a « vita privata ». Piantò tutti
in asso e lasciò che i successori, che aveva designati,
se la sbrigassero da sé. Inutile dire che appena un
anno dopo tutto stava andando a catafascio. Cominciarono,
in tutte le parti dell'impero, le lotte fra i pretendenti
al potere: ben sei generali ebbero contemporaneamente il
titolo di imperatore. Ma la lotta fu breve; già nel
306 uno di essi aveva disperso tutti i rivali e pochi anni
dopo unificava di nuovo sotto di sé il vasto impero:
era Costantino il Grande.
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