FU COLPEVOLE o innocente? Dopo più di cinquecento
anni il tragico mistero del Conte di Carmagnola non è stato
ancora chiarito. E probabilmente non lo sarà mai.
Nonostante gli studi di decine di storici, le ricerche, le
indagini sui testi dei contemporanei, non si saprà mai
se il grande Condottiero fu condannato a morte essendo colpevole
o innocente. La sua figura così resterà enigmatica
nella storia. La vita del Conte di Carmagnola si svolse in
quel fosco, violento periodo di sanguinose lotte fra gli
Stati italiani che sta fra la fine del '300 e i primi decenni
del '400. Erano tempi, quelli, in cui molti grandi vissero
e morirono tragicamente; eppure, la condanna e la fine del
Carmagnola suscitarono grande impressione in tutta Italia.
Segno che sotto di esse c'era veramente un mistero.

LA FULMINEA FORTUNA
Quando morì, Francesco Bussone, soprannominato il
Carmagnola, aveva cinquantanni. Mezzo secolo di vita gli
era bastato per compiere una ascesa folgorante, per divenire,
da misero contadino, uno degli uomini più potenti
e più temuti d'Italia; e poi precipitare e finire
decapitato con vergogna, come un malfattore.
Egli nacque tra il 1382 e il 1385. Come spesso accadeva nei
secoli passati, prese il soprannome dal luogo di nascita:
Carmagnola, a 29 chilometri da Torino.
Era figlio di contadini, poverissima gente, era rozzo e ignorante.
Ma era robusto e dall'aria decisa.
Entrò al servizio di Facino Cane e divenne rapidamente
un ottimo soldato, tanto che il condottiero lo nominò sottocapo
e lo tenne in grande considerazione.
Ciò fece la fortuna del Carmagnola, che ebbe inizio
esattamente il 16 maggio del 1412. Quel giorno, Giovanni
Maria Visconti, duca di Milano, fu ucciso in una congiura;
i congiurati proclamarono duca di Milano Ettore Visconti,
figlio di Bernabò Visconti, che il grande Gian Galeazzo
padre di Giovanni Maria aveva spodestato dalla Signoria di
Milano 27 anni prima. Il legittimo erede del ducato, Filippo
Maria Visconti, corse a rifugiarsi nel castello di Pavia,
dove stava morendo Facino Cane. Il condottiero morì il
pomeriggio dello stesso giorno lasciando la moglie, Beatrice
di Tenda. In politica si fa tutto per uno scopo pratico:
due mesi dopo, Filippo Maria Visconti sposò Beatrice,
e in questo modo divenne padrone dei suoi beni e dei suoi
soldati; fra cui il Carmagnola. Francesco Bussone passò al
servizio dei Visconti.
PRIMO CONDOTTIERO DEL DUCATO
Il Carmagnola non deluse la fiducia del suo nuovo padrone.
Raccolse le milizie del Duca e rioccupò Milano, disperdendo
le truppe di Ettore Visconti. Il 16 giugno Filippo Maria
Visconti fu riconosciuto duca di Milano dal popolo e dal
Gran Consiglio. La fortuna del Carmagnola era fatta. L'11
novembre 1414 egli fu creato conte di Castelnuovo e primo
condottiero del Ducato, con diritto di portare il cognome
dei Visconti. Francesco Visconti, conte di Castelnuovo, divenne,
dopo il Duca, il primo personaggio dello Stato.
L'ESPANSIONE DEL DUCATO
Con un simile condottiero a capo dell'esercito, Filippo Maria
si scatenò. Negli anni di burrasca, seguiti al 1412,
molte città e molti signori si erano ribellati alla
signoria del duca. Il Carmagnola iniziò così una
serie di campagne militari contro Lodi, Trezzo, Bergamo,
Brescia, Cremona. Tutte furono espugnate; il Carmagnola aveva
il pugno di ferro e dove passava si lasciava dietro il deserto.
Ma lui rischiava per primo, combattendo sempre alla testa
dei suoi soldati. Fra l'ottobre e il novembre 1421 il Condottiero
compì una delle sue massime imprese: la conquista
di Genova. Dopo due mesi di atroci combattimenti entrò nella
città ai primi di novembre e la proclamò sottomessa
al Ducato di Milano. Così Filippo Maria, che nel 1412
era un fuggiasco senza potere, possedeva nel 1424 tutta la
Lombardia, il Piacentino, il Parmigiano, il Reggiano, parte
della Liguria con Genova, parte del Piemonte orientale e
la valle del Ticino fino a Bellinzona; tutto merito del Carmagnola.
AL SERVIZIO DI VENEZIA
La gratitudine, si dice, non è di questo mondo. Forse
non è vero, ma Filippo Maria lo confermò. Cominciò a
prendere in odio il capitano a cui doveva tutto: lo preoccupava
la sua potenza sempre crescente. Erano tempi, quelli, in
cui non ci voleva molto a perdere il trono e la vita.
Oltre tutto, il Carmagnola non era tipo che potesse avere
molte simpatie a Corte, perché aveva un carattere
difficile e iroso. Fatto sta che Filippo Maria, nel novembre
del 1424, licenziò il Carmagnola: costui, offeso e
furente, si ritirò nel suo castello di Sale, nell'Alessandrino.
Nel gennaio 1425, si recò a Ivrea presso il duca di
Savoia Amedeo VIII. Propose al duca, nemico dei Visconti,
dì dichiarare guerra a Filippo Maria. Ma Amedeo VIII
gli consigliò di rivolgersi al governo di Venezia,
l'acerrima rivale del Ducato di Milano.
Carmagnola, che sentiva odor di vendetta, accettò il
consiglio e con un giro attraverso la Svizzera, il Tirolo,
la Val d'Adige, il 23 febbraio 1425 giunse nella Serenissima
LA SCONFITTA DEI VISCONTI
Ai veneziani non parve vero che il miglior capitano dell'epoca
venisse a porsi al loro servizio. Durante l'estate Filippo
Maria Visconti, sfrenatamente avido di conquiste, assalì la
Repubblica Fiorentina, Firenze chiese affannosamente aiuto
a Venezia, interessata anch'essa ad abbattere la potenza
dei Visconti.
Il Senato Veneto, dietro suggerimento anche del Carmagnola,
decise per la guerra. Fu creata una lega a cui, oltre Venezia
e Firenze, aderirono ì Gonzaga di Mantova e gli Este
di Ferrara. Nel gennaio del 1426 il Carmagnola fu nominato
capitano generale dell'esercito della lega. E subito si avventò contro
il Ducato di Milano. La guerra continuò per un anno,
feroce e devastatrice, finché il 12 ottobre 1427,
a Maclodio (fra Brescia e Chiari), in una battaglia rimasta
famosa, l'esercito visconteo fu praticamente distrutto. La
pace fu conclusa a Ferrara il 19 aprile 1428: Venezia si
prese tutto il bresciano, quasi tutto il bergamasco e alcune
terre del cremonese. Il Carmagnola, il 23 maggio fece il
suo ingresso trionfale a Venezia, applaudito dal popolo e
accolto dal Doge in persona.
TRADIMENTO?
Trascorsero esattamente tre anni, durante i quali Filippo
Maria, astutissimo e diabolicamente abile, non smise un momento
di cercare, con ogni mezzo, di provocare la rottura fra il
Carmagnola e la Repubblica Veneziana. Ma fu tutto inutile;
il Carmagnola le rimase fedéle. Tanto è vero
che quando nel gennaio del 1431 Venezia dovette nuovaniente
riprendere le armi contro il Ducato di Milano, il condottiero
piemontese fu di nuovo a capo dell'esercito veneto. Questa
volta però la guerra non andò bene; per motivi
che nessuno è mai riuscito a scoprire, il Carmagnola
la condusse svogliatamente senza ottenere alcun successo:
a Soncino e in una battaglia navale sul Po, le sue truppe
furono sconfìtte. I veneziani naturalmente si allarmarono:
che cosa succedeva al loro capitano? Il Carmagnola indugiava,
temporeggiava, non si decideva ad agire: sembrava che una
inspiegabile stanchezza lo avesse abbattuto. E non si giustificava.
Fra i capi veneziani cominciò allora a circolare la
parola tradimento: si cominciò a pensare che il Carmagnola
fosse d'accordo con Filippo Maria.
LA CONDANNA A MORTE
La forza di Venezia fu, in ogni tempo, la sua fermezza e
anche la sua severità. Occorreva prendere una decisione
a tutti i costi. Il Carmagnola fu convocato a Venezia, con
una scusa. Lasciò il suo palazzo di Brescia e il 7
aprile 1432 giunse a Venezia. Fu arrestato quasi subito e
rinchiuso nelle carceri del Palazzo Ducale. L' 11 aprile
cominciò il processo, davanti a un collegio di otto
giudici. Il grande capitano fu accusato di tradimento e invitato
a discolparsi. Il processo rimase segreto e nessuno saprà mai
quello che si disse; si sa solo che esso fu lungo, durò fino
ai primi di maggio. La mattina del 5 maggio 1432, senza la
presenza dell'imputato, fu letta la sentenza: il Carmagnola
fu riconosciuto pubblico traditore e condannato alla decapitazione.
Nel tardo pomeriggio dello stesso giorno avvenne l'esecuzione:
il Conte, vestito con un abitò rosso, con le mani
legate dietro la schiena e la bocca chiusa da una sbarra
di legno (mordacchia) fu condotto al palco del supplizio
tra le due colonne della piazzetta di San Marco e decapitato.
Colpevole? Oppure innocente? Nessuno lo saprà mai:
e la vicenda del Conte di Carmagnola rimarrà per
sempre un mistero. |
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