√ Timbuctù e le altre città del Mali

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Timbuctù
La città dovette la sua fortuna alla rovina di Oualata, il grande mercato cosmopolita dell'Occidente africano nel XII secolo, e al secolo e più di pace del regno degli Askia che ne consolidò la prosperità. Timbuctù fu il luogo d'incontro di coloro che viaggiavano in piroga e di quelli che viaggiavano col cammello; la piroga rappresentava il Sud, il Sudan, il cammello l'Africa del Nord, prima di tutto il Sahara con le miniere di salgemma, poi i Paesi arabi: Marocco, Algeria, Tunisia, Tripolitania, Egitto, e infine l'Europa attraverso la mediazione dei Paesi barbareschi. Il commercio in direzione nord-sud, cioè fra il Mediterraneo e il Sudan, riguardava anzitutto tessuti, in massima parte di fabbricazione europea, armi, polvere da sparo, zolfo, poi coltelleria, carta, libri che assicuravano più della metà dei beni commerciati, chincaglierie, perle, ambra, coralli, collane, tabacco algerino, tappeti, abiti. La carovana completava il carico a metà strada con un articolo solo, il sale, d'importanza vitale per il Sudan, e di cui esisteva a Timbuctù un'importante corporazione composta da tutti coloro che lo lavoravano. Il commercio sud-nord comportava da una parte i prodotti alimentari e di consumo destinati alle tribù nomadi e alle città, dall'altra il carico delle piroghe destinato ai Paesi del Mediterraneo, avorio, piume, incenso e schiavi: per Timbuctù sono passati gran parte dei due milioni di schiavi che ogni secolo hanno attraversato il Sahara alla volta dei Paesi arabi e del Mediterraneo tra l'XI e il XIV secolo. Timbuctù svolse anche un ruolo di città-deposito; fu infatti soprattutto una città di grandi magazzini e i suoi abitanti erano per lo più commercianti, mediatori e proprietari di locande. Per i primi tre giorni il mercante straniero veniva ospitato gratuitamente, poi prendeva in affitto una casa del suo ospite, che non di rado ne possedeva parecchie, e che in genere aveva annesso un magazzino. La funzione dell'ospite era comunque molto più vasta: informava lo straniero sul corso dei prezzi, sulla mancanza di questo o quel prodotto, sulle disponibilità dei diversi clienti, lo accompagnava e lo guidava negli acquisti in modo che alla locazione si aggiungeva il beneficio di diverse mediazioni. Oltre al commercio, gli abitanti di Timbuctù si dedicavano all'arte del ricamo e alla stampa; esistevano anche delle banche, dove il viaggiatore poteva procurarsi delle lettere di credito valide in tutta l'Africa del Nord e ottenere, in particolare se si trattava di dioula, i mercanti ambulanti di oggi, crediti per grosse somme. Il commercio e la prosperità fecero della città un centro di vita culturale, e la moschea Sankoré divenne il luogo d'incontro degli intellettuali dell'Africa occidentale. La durata degli studi era lunghissima, 18-20 anni, terminati i quali lo studente riceveva un diploma chiamato adjaga o licenza d'insegnamento, diventava marabutto e poteva accedere alle carriere liberali: poteva entrare nel clero, aspirare a funzioni di cadi (giudice) o di assistente cadi nel proprio paese, dedicarsi all'insegnamento o timbuctu divenire cappellano di grandi famiglie.
Un tempo celebre per la sua università che rivaleggiava con quelle del Cairo e di Cordova, Timbuctù fu per lungo tempo vietata agli occidentali. Il primo europeo a visitarla fu lo scozzese Gordon Laing, che pagò con la vita la sua temerarietà. Si comprende come questo alone di mistero abbia potuto trascinare Renè Caillé nella stravagante avventura solitària che doveva dar luogo, nel 1830, alla pubblicazione del Diario di un viaggio a Timbuctù e a Djenné, che ebbe notevole risonanza e diede origine a un vero mito. Dopo Caillé, generazioni di viaggiatori si sono succedute a Timbuctù.
Se oggi la città non ha più niente di misterioso, conserva però un fascino desueto abbastanza indefinibile non tanto per le moschee popolate di rondini o le solide porte borchiate delle sue case, ma piuttosto per un certo tipo di silenzio, o il rapido dileguarsi di una figura dietro il tornante di una stradina tortuosa, o forse, per la purezza dell'aria, che prefigura grandi spazi di sabbia vergine del deserto, le cui ultime dune digradano fino a morire alle porte della città.
Posta nella regione di Gao, a 296 metri di altezza alla sinistra del Niger, Timbuctù è oggi una città di trascurabile importanza. La sua decadenza nel quadro attuale dell'urbanesimo del Mali è dovuta alla perdita d'importanza dell'antica via transahariana che vi faceva capo, oggi sostituita da quella che, attraverso il Tanezrouft, unisce l'Algeria a Gao. Le moschee Djinguereber, Sankoré e Sidi Yahya e le case degli esploratori Laing e Barth rappresentano le principali testimonianze dello splendore di cui godette un tempo la città, oggi collegata a Gao da una pista automobilistica e dotata del porto fluviale di Kabara e di un aeroporto.
Gao
Situata sulla sinistra del fiume Niger, 950 km a nord-est di Bamako, fu fondata intorno al secolo VII e si sviluppò come capitale dell'omonimo regno di Gao. Conquistata nel 1325 dall'imperatore del Mali Kankan Mussa, fu successivamente liberata dai figli del re di Gao che ne fecero la capitale dell'impero Songhai.
Sotto Askia Mohammed I il Grande (1493-1528) raggiunse l'apice della fama e dello splendore. Verso la fine del secolo XVI il Songhai fu conquistato da un esercito marocchino e la città venne occupata e distrutta. La lunga sala di preghiera che rimane dell'antica moschea costruita sotto Kankan Mussa e la tomba dell'Askia (sito unesco) Mohammed Touré, risalente al secolo XVI, rappresentano pregevoli testimonianze dell'architettura sudanese. La sua posizione geografica, all'estremità della pista transahariana del Tanezrouft e all'incrocio delle comunicazioni tra il Nord e il Sud del Paese, ne fanno un importante centro commerciale. La città è inoltre capolinea della navigazione sul Niger verso Bamako, e possiede un attivo scalo aereo.
Mopti
È situata a 263 metri di altitudine alla confluenza del fiume Bani nel Niger e il suo agglomerato urbano, che comprende pittoreschi quartieri, si estende su tre rilievi che durante le piene dei corsi d'acqua si trasformano in isole, collegate tra loro da ponti.
La moderna moschea, che ripete nelle forme quella in stile sudanese della città di Djénné, è il suo principale monumento. Nei suoi dintorni rivestono notevole interesse i villaggi dei Dogon, dove queste popolazioni hanno creato un caratteristico adattamento al selvaggio ambiente di guglie e pareti rocciose, e hanno conservato i ricchi patrimoni della propria cultura d'origine negra. Importante mercato dei prodotti agricoli (cereali, cotone, arachidi) della regione circostante, è sede di industrie alimentari e tessili. Attivo scalo sul delta interno del Niger, la città è collegata da una rotabile a Bamako (470 km a sud-est) e possiede un aeroporto.
Segou
Sorta nel secolo VII come villaggio dei pescatori bozo, fu capitale dei regni fondati dalle tribù bambara (secoli XVII-XIX) e conobbe la maggiore prosperità tra il 1712 e il 1755. Nel 1859 passò sotto i Tekrur, divenendo la roccaforte dell'islamismo nell'Africa nord-occidentale.
È una città molto pittoresca, circondata di giardini ed estesa (per un tratto di sette chilometri) lungo la riva destra del fiume Niger, del cui Ufficio idrografico è sede. Conserva un'interessante moschea del diciannovesimo secolo.
Mercato agricolo di una fertile zona irrigua, dove si coltivano cotone, riso, arachidi e miglio, ospita piccole industrie per la trasformazione di tali prodotti. Attivo porto fluviale collegato da una strada alla capitale, è dotata anche di un aeroporto.
Sikasso
Già capitale del Kénédougou, venne conquistata dai Francesi dopo accanita resistenza. La città, situata nella parte più meridionale del Paese, sull'importante asse stradale che unisce il Mali al Burkina Faso, si estende tra leggere ondulazioni del terreno che, unitamente alle belle e larghe vie ombreggiate da rigogliosa vegetazione, le conferiscono un aspetto caratteristico. Notevole mercato agricolo e zootecnico, è sede aeroportuale.